dalle memorie di Giorgio Aleardo Zentilomo
Il Re Luigi IX di Francia.
Ci riferisce il cronista francescano dell’epoca Fra Salimbene da Parma: presso il convento dei Frati Minori di Sens dov’era Ministro Generale Giovanni da Parma, nel corso del Capitolo Generale dei Francescani, a Re Luigi IX di Francia viene offerto il seguente menù in occasione del suo passaggio nell’agosto del 1248, prima di imbarcarsi ad Aigues-Mortes per la Crociana in Terra Santa.
Ciliegie e pane bianchissimo
Fave fresche e cotte nel latte
Pesce e gamberetti di fiume
Pasticcio di anguilla
Riso con latte di mandorla e polvere di cannella
Anguille arrosto in salse eccellenti
Torte, formaggi frutta in abbondanza
Il tutto fu servito con copiose libagioni di vino, con garbo e sollecitudine.
Come si vede un menù che concilia l’abbondanza della feste e la qualità delle vivande, con una riserva mancano infatti le carni. Il Re mangia di tutto, mangiò molto? Fra Salimbene non ce lo dice, ma nel suo racconto San Luigi è associato piuttosto al fasto di una tavola regia che all’astinenza alimentare tipica dei francescani.
Lo stesso cronista parmense, ci riferisce che nell’aprile del 1271 al passaggio delle spoglie del Re Luigi IX morto a Tunisi nel 1270, si verificano i primi due miracoli del Re Santo ufficialmente riconosciuti:
A Reggio Emilia guarisce la gamba malata di un notabile cittadino; a Parma risana un’ulcera presente nel braccio di una fanciulla.
Il più bel “miracolo” per noi, e ci si passi l’impudenza, sarebbe veder raddoppiato il numero dei Soci. A tutti noi l’arduo compito per una sempre più valida affermazione.
In occasione di un incontro al Savini insieme all’amica Lidia Salvetti Cipolla, meglio nota come “Lisa Biondi” dispensatrice di consigli e ricette, all’epoca nostra preziosa Conseiller Gastronomique, l’Angelo Pozzi mi illustrava compiaciuto le origini del piatto denominato “carpaccio”. Un cliente straniero “affamato” entra al ristorante Harry's Bar di Venezia a cucine ormai chiuse. Senza perdersi d’animo il proprietario Antonio Cipriani (Papà di Arrigo), s’improvvisa chef e taglia alcune fettine di morbida carne di vitellone, stese sul piatto le guarnisce con scaglie di grana e tocchetti di sedano condendole con un filo d’olio, sale e pepe. Il cliente entusiasta chiede il nome della portata. Ben mascherando l’imbarazzo il Cipriani alza lo sguardo su una locandina in bella evidenza che pubblicizza una concomitante mostra del pittore Carpaccio. Legge il nome ad alta voce e battezza così, quasi inconsapevolmente, una nuova pietanza. (Questa la sua versione).
Affascinato dal negozio di gastronomia “Peck”, a Milano dal 1883, il nostro Fondatore Jean Valby, mi ricordava quest’aneddoto riportato ad un amico che si apprestava ad una visita turistica a Milano: “Hai presente dov’è il negozio del Peck? Bene, lì dietro c’è il Duomo!”
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